ricorso professore universitario
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Ricorso professore universitario vinto: stipendio estero riconosciuto in Italia

Il caso del professore universitario: un’ingiustizia retributiva

Il nostro Studio Legale ha ottenuto una sentenza straordinaria destinata a segnare un punto fermo nella tutela dei diritti degli accademici italiani rientrati dall’estero. Si tratta del ricorso professore universitario presentato dal Prof. Tizio (volutamente omettiamo il nome per ovvie ragioni di tutela della privacy del nostro Cliente), inquadrato nell’Università degli Studi di Bergamo come professore associato, ma penalizzato economicamente con l’attribuzione della “classe stipendiale 0”, equivalente a un docente privo di esperienza.

Un paradosso, considerando che il Prof. Tizio vantava quasi venti anni di servizio accademico come Associate Professor presso l’Università del Lussemburgo. Il nostro Studio ha impugnato l’inquadramento davanti al TAR Lombardia – Sezione di Brescia, invocando i principi fondamentali del diritto dell’Unione Europea. Questo ricorso professore universitario ha evidenziato una disparità di trattamento gravissima e ingiustificabile.

Con la sentenza n. 150/2024, il TAR ha accolto integralmente il ricorso professore universitario, ordinando all’Università di Bergamo di rivalutare l’inquadramento economico tenendo conto dell’intera anzianità maturata all’estero. Puoi leggere la sentenza integrale al seguente link: TAR Lombardia – Sentenza n. 150/2024.

I principi giuridici in gioco: libertà di circolazione e parità di trattamento

Al cuore del ricorso professore universitario vi è l’art. 45 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), che garantisce la libera circolazione dei lavoratori. La Corte di Giustizia dell’UE ha chiarito in più occasioni (cause C-703/17 e C-710/18) che è illegittimo penalizzare economicamente un lavoratore per il solo fatto di aver maturato la propria esperienza in un altro Stato membro.

Nel nostro caso, l’Università di Bergamo, pur avendo riconosciuto l’equivalenza del titolo per ammettere il Prof. Cosma alla selezione, ha poi ignorato l’anzianità ai fini dell’inquadramento economico. Una dinamica che, purtroppo, abbiamo riscontrato anche in altre procedure concorsuali, e che affrontiamo frequentemente quando curiamo ricorsi concorso pubblico contro esclusioni illegittime o attribuzioni scorrette di punteggio.

Con il nostro ricorso professore universitario abbiamo dimostrato come questa condotta non solo fosse discriminatoria, ma anche contraria alla logica dell’ordinamento universitario stesso, che valorizza l’esperienza maturata nel ruolo specifico. Una tematica analoga si pone, ad esempio, nei casi di impugnazione delle graduatorie concorsuali, dove il riconoscimento dell’esperienza e dei titoli gioca un ruolo fondamentale.

Gli atti impugnati e le irragionevolezze della normativa interna

Il ricorso professore universitario ha puntato il dito su più atti:

  • Il decreto rettorale di inquadramento nella classe 0;
  • Il regolamento di Ateneo che non prevedeva il riconoscimento dell’anzianità maturata all’estero;
  • Il bando di concorso stesso, nella parte in cui non assicurava la piena valorizzazione del servizio equivalente svolto in un Paese UE.

Si è dimostrato come l’esperienza estera fosse un requisito di accesso al concorso e, di conseguenza, non poteva essere ignorata nel calcolo della retribuzione iniziale. Tale atteggiamento dell’Amministrazione è stato definito dal TAR come irragionevole e in contrasto con il diritto dell’Unione.

Il ricorso ha richiamato, inoltre, il precedente della causa C-703/17 (Krah), dove la Corte di Giustizia ha ritenuto lesiva della libertà di circolazione una prassi identica, proprio in ambito accademico. Si tratta di una tematica che abbiamo affrontato anche nel contesto dei concorsi per Direttori di UOC, dove la giurisprudenza impone sempre più trasparenza e conformità ai principi europei.

Un precedente giurisprudenziale fondamentale per altri docenti italiani

Questa decisione del TAR assume valore esemplare: è la prima in Italia a recepire pienamente i principi della Corte di Giustizia in materia di mobilità dei docenti universitari. I professori che hanno lavorato all’estero e che decidono di rientrare nel nostro Paese non possono essere penalizzati economicamente.

In particolare, la sentenza ribadisce che la normativa italiana deve essere interpretata in modo conforme al diritto europeo. In caso contrario, il giudice ha il dovere di disapplicarla. Nel ricorso professore universitario, infatti, abbiamo richiesto al Giudice TAR di rimettere la questione alla Corte di Giustizia UE e, in subordine, alla Corte Costituzionale, qualora non fosse stato possibile giungere a un’interpretazione conforme: e tuttavia, accogliendo ogni nostro punto del ricorso, il TAR ha confermato di poter giungere ad una decisione favorevole sulla base della corretta interpretazione delle norme di diritto interno.

Questa interpretazione si colloca nel solco giurisprudenziale che già conosciamo grazie a numerosi nostri casi di scorrimento delle graduatorie e esclusioni illegittime da concorsi, dove la corretta applicazione della normativa può fare la differenza tra un’assunzione negata e una carriera riconquistata.

La sentenza è stata definita “epocale” da diverse testate giornalistiche. CityRumors ha raccontato l’impatto del ricorso professore universitario nel contesto locale, mentre Navuss ha sottolineato la portata giuridica della decisione a livello nazionale.

Se hai lavorato all’estero e sei stato inquadrato nella classe 0: agisci subito!

Hai lavorato anni in un’università europea e ora sei stato inquadrato nella classe stipendiale 0? Questo è il momento di agire. Il ricorso professore universitario è lo strumento legale che può tutelarti e restituirti quanto ti è dovuto.

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