Illegittima esclusione dalla stabilizzazione diretta: il Giudice propone la conciliazione dell’art. 420 cpc e l’Azienda assume la ricorrente
La dott.ssa A., in servizio con la qualifica di Infermiera Professionale, si è rivolta al nostro Studio dopo aver subito l’esclusione dalla stabilizzazione diretta indetta dall’Azienda Ospedaliera di Perugia per essere stata in precedenza “dipendente a tempo indeterminato” presso un’altra Azienda Sanitaria.
La partecipazione all’Avviso di stabilizzazione diretta
La dott.ssa A. ha partecipato all’Avviso di stabilizzazione “diretta” ai sensi dell’art. 20 comma 1 del d.lgs. n. 75 del 2017 (c.d. decreto Madia: vedi qui un nostro approfondimento dettagliato sul tema), dichiarando il possesso di tutti i requisiti previsti dalla normativa, ossia nello specifico:
- Maturazione dei 36 mesi di servizio a tempo determinato con la qualifica di Collaboratore Professionale Sanitario – Infermiere
- Superamento di un concorso pubblico per la stipula dei contratti a tempo determinato con la medesima qualifica professionale
L’avviso di stabilizzazione, peraltro, richiedeva inoltre di “non essere titolare di rapporto di lavoro con contratto a tempo indeterminato in profili professionali equivalenti o superiori a quello oggetto di stabilizzazione”.
Tale clausola è comunemente inserita negli Avvisi di stabilizzazione: si richiede infatti che il candidato che aspiri alla “stabilizzazione”, ossia alla conversione a tempo indeterminato del proprio rapporto di lavoro precario, non sia attualmente titolare di un rapporto indeterminato con un’altra Azienda (come è ovvio) oppure che non abbia svolto una parte dei 36 mesi con contratto a tempo indeterminato: clicca qui per un nostro approfondimento sul tema.
Nel nostro caso, però, la dott.ssa A. aveva maturato tre anni di servizio a tempo indeterminato presso un’Azienda sanitaria ma si era dimessa prima di prendere servizio con l’Azienda di Perugia, a seguito del superamento di un concorso pubblico per un contratto a tempo indeterminato.
In definitiva, la nostra Cliente, al momento della pubblicazione dell’Avviso per la stabilizzazione, aveva maturato tre anni di servizio presso un’Azienda sanitaria e un ulteriore anno di servizio presso l’Azienda di Perugia, maturando quindi ben più dei canonici 36 mesi previsti dal Decreto Madia.
L’esclusione dalla stabilizzazione diretta: la motivazione
L’esclusione dalla stabilizzazione diretta è stata disposta dall’Azienda Sanitaria perché, a suo dire, la dott.ssa A. sarebbe stata titolare di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato presso un’altra Azienda Sanitaria, sia pure con la medesima qualifica di infermiera professionale.
La realtà è che la nostra Cliente al momento in cui aveva presentato la domanda di stabilizzazione era, per così dire, “tornata precaria”, dal momento che era in servizio presso l’Azienda di Perugia con contratto a termine, senza alcuna garanzia della ulteriore prosecuzione del rapporto di lavoro alla scadenza.
Ma soprattutto, la dott.ssa A. aveva effettivamente tutti i requisiti per poter essere stabilizzata, avendo maturato 36 mesi di servizio, di cui almeno un anno con contratto a termine presso l’Azienda di Perugia, e soprattutto all’indomani del suo inserimento in una graduatoria pubblica per la qualifica di infermiera.
La scelta di disporre l’esclusione dalla stabilizzazione diretta, tra le altre cose, come abbiamo sostenuto nel ricorso, confliggeva inesorabilmente con la finalità dell’art. 20 del decreto Madia, che mira appunto al superamento del precariato nelle pubbliche amministrazioni.
La proposta di conciliazione del Giudice e l’assunzione a tempo indeterminato
Alla luce dell’evidente fondatezza delle argomentazioni sostenute nel ricorso, il Giudice del Lavoro di Perugia, all’udienza del 22 dicembre 2021, ha proposto alle parti la conciliazione della causa con l’assunzione del ricorrente a tempo indeterminato a decorrere dalla scadenza del contratto a termine attualmente in essere e integrale compensazione delle spese di giudizio:
L’esclusione dalla stabilizzazione diretta, in questo modo, è stata superata proprio grazie all’intervento conciliativo del Giudice del Lavoro il quale, come forse saprete, è sempre tenuto a conciliare la lite alla prima udienza di comparizione: lo dice proprio l’art. 420 del Codice di Procedura Civile, secondo cui “nell’udienza fissata per la discussione della causa il Giudice interroga liberamente le parti presenti e formula una proposta transattiva o conciliativa“.
Siamo giunti alla fine del nostro approfondimento.
Se vi trovate anche voi in una posizione analoga o simile a quella della nostra ricorrente, e ritenete di essere stati ingiustamente colpiti da un provvedimento di esclusione dalla stabilizzazione diretta, descriveteci il vostro caso: vi offriremo il nostro aiuto per capire quale sia la migliore via per la vostra tutela, attraverso un ricorso o una conciliazione non giudiziale.